L'organismo femminile, rispetto a quello maschile, risulta essere più vulnerabile agli effetti dell'alcol.
Le linee guida nutrizionali utilizzano il termine “consumo a basso rischio” riferendosi alle unità alcoliche da non superare e raccomandano ad una donna adulta e in buona salute di non superare un consumo giornaliero di 1 unità alcolica, mentre l'uomo non deve superare le 2 unità alcoliche.
Questa
differenza dipende dal fatto che l’organismo femminile presenta una
massa corporea inferiore rispetto all’uomo, minor quantità di acqua
corporea e meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol
(carenza dell’enzima epatico alcol deidrogenasi). A pari quantità di bevande alcoliche, quindi, corrisponde un livello di alcolemia maggiore.
Per
questi motivi la donna impiega un tempo più limitato dell'uomo per
diventare alcolista e sviluppa molto più rapidamente le complicanze
epatiche, cardiovascolari e psichiatriche correlate all'abuso.
Oltre a queste patologie, la donna bevitrice presenta un maggior rischio di sviluppare il tumore della mammella.
Il consumo di alcol che supera la quantità indicata come “basso rischio” incide negativamente anche sulla fertilità.
Pertanto,
i comportamenti di consumo a rischio possono essere responsabili di una
minore produzione degli ormoni femminili, determinando un’insufficienza
ovarica che si manifesta con irregolarità mestruali (fino alla
scomparsa del ciclo), assenza di ovulazione, infertilità e menopausa
precoce.
Nella donna che assume contraccettivi orali, inoltre,l’alcol ingerito resta in circolo più a lungo.
Numerosi studi hanno, infine, dimostrato che l’alcol determina una riduzione dell’attività osteoblastica (produzione di cellule delle ossa) e della calcemia (quantità di calcio), fattori che conducono all’osteoporosi.
Un discorso particolare va fatto per la donna in gravidanza,
periodo in cui va evitato anche un consumo moderato di alcol.
L'etanolo, infatti, è in grado di attraversare la placenta e arrivare al
feto a una concentrazione di poco inferiore a quella ematica materna.
Le cellule fetali, non essendo dotate di enzimi capaci di metabolizzare
l’alcol, ne subiscono gli effetti dannosi in particolare a livello del
cervello e dei tessuti in via di formazione.
L’azione tossica
dell’alcol interferisce sui normali processi di sviluppo fisico ed
intellettivo del feto provocando malformazioni e ritardo mentale più o
meno gravi in funzione dei livelli di consumo. Pertanto a causa di tale
azione tossica le donne che bevono abitualmente durante la gravidanza
hanno una maggior frequenza di aborti spontanei e sono esposte al
rischio di partorire neonati affetti da sindrome feto alcolica (FAS - Alcohol Fetal Syndrome).
Va
sottolineato che il rischio di danni cerebrali al feto esiste anche per
le donne alcolizzate da tempo, anche se smettono di bere per tutta la
durata della gravidanza.
Nelle donne anziane l’alcol, anche
moderato, può peggiorare ed accelerare la degenerazione della sfera
neurologica e psichica. Inoltre spesso la donna anziana è in terapia
farmacologia e l’alcol può interferire con molti farmaci.
Estremamente
pericolosa è l’interazione tra alcol e farmaci che deprimono il sistema
nervoso (sedativi, tranquillanti, ansiolitici, ipnotici).
Dai dati ISTAT si registra nel corso degli anni un incremento della prevalenza delle consumatrici fuori pasto, soprattutto negli ultimi cinque anni, per il genere femminile si registra un incremento lineare costante, particolarmente significativo nella classe di età 25-44 anni.
Per approfondire:
- scheda Alcol nella sezione La nostra salute
- scheda Alcolismo nella sezione La nostra salute
- Guida alla diagnosi dello spettro dei disordini feto-alcolici
- opuscoli Alcol: sei sicura?
- Alcol e guida: calcolo del tasso alcolico nel sangue.